La Mangiagalli

Dicono che in Mangiagalli hanno il cesareo facile e sono troppo medicalizzati. Che al Buzzi invece sono più “naturali“. Sarà. Io, se mai dovessi partorire di nuovo, non avrò dubbi: Mangiagalli, again.

Partorire in Mangiagalli è una decisione che è venuta da sé: visto un valore sballato nella mia curva glicemica (un consiglio: non fatela sotto Natale quando siete ingolfate di dolci!), mi è stato diagnosticato il diabete gestazionale e così ho cominciato a frequentare la Mangiagalli, perché solo lì c’è il centro per il DG (per il resto ero seguita privatamente). Sì, avete letto bene: solo lì. Immaginatevi le code infinite e la quantità di gente che aspetta (anche perché il DG è diffuso, visto che viene diagnosticato anche solo con un valore leggermente sballato – cosa che comunque male non fa: così le gravide seguono una dieta sana). Ho passato ogni giovedì di gennaio in sala d’attesa a piano terra, appena prima della cappella a destra, ovvero nel posto in cui passano tutte le donne che partoriranno in Mangiagalli perché, oltre all’ambulatorio DG, lì c’è quello gravidanza a termine. E, visto che ogni giovedì ho aspettato in media 2 ore e 30 minuti di venire visitata, ho avuto modo di familiarizzare con l’ambiente. Perché 2 ore e 30 minuti? Perché non ti danno un appuntamento preciso. O meglio, lo danno a te come ad altre 10 o 15 donne per cui o siete nel primo scaglione o mettetevela via, aspetterete una vita in una sala d’attesa caldissima e piena zeppa di gravide con compagni/madri/padri/altri figli e amiche più pochissime gravide sole in compagnia di un libro e una bottigliette d’acqua (fondamentale! E se avete appuntamento alle 11, portate anche dei generi di conforto per sopravvivere, rischiate di uscire alle 14!).

Comunque i giovedì mattina di gennaio e un giovedì su due in febbraio mi sono serviti a studiare un po’ l’ambiente. A parte Rossi, il ginecologo che segue i casi di DG (che è molto scrupoloso), ho fatto pure qualche incursione al pronto soccorso (manco a farlo apposta, nell’andare in Mangiagalli un giovedì sono scivolata sulla neve e mi hanno spedito lì per accertamenti, anche se non ero caduta di pancia). Insomma, non mi sono fatta mancare nulla, a marzo mi sentivo una sorta di veterana! E quando ho fissato il controllo gravidanza a termine (vi conviene fissarlo andando di persona alla reception fuori dall’ambulatorio, al telefono non rispondono mai, e dico MAI, mentre di persona impiegate 10 minuti al massimo) sapevo già tutto o quasi perché nelle varie mattinate di attesa avevo raccattato la lista con le cose da portare al momento del parto e altre informazioni utili. Non sapevo esattamente dove fosse il reparto maternità, ma pensavo che quello avrei avuto modo di scoprirlo. Per il resto, ero assolutamente tranquilla e convinta della mia scelta: tutte le persone incontrate fino a quel momento nei vari ambulatori e al pronto soccorso, dalle ostetriche ai ginecologi agli infermieri, mi avevano fatto un’ottima impressione. Certo, ognuno con il suo carattere, qualcuno a volte in giornata no, ma tutti molto professionali e attentissimi – anzi, mi sono sentita perfino troppo seguita e monitorata! E insomma, dopo il controllo a termine, il 25 marzo (l’attesa è stata un po’ più breve perché capita che qualche gravida partorisca prima del controllo a termine, e quindi – ovviamente – non si presenta e non avvisa!) , me ne sono stata tranquilla ad aspettare di vedere se sarei tornata in Mangiagalli per il controllo post-termine (ve lo fissano al controllo a termine, così se passate la 40ma settimana e non succede nulla controllano che sia tutto ok) o in pronto soccorso, pronta per partorire Balù.

E Balù è arrivato, puntualissimo, il 29 marzo, a 40 settimane esatte. Niente visita post-termine, insomma, per noi! 😉

6 risposte a "La Mangiagalli"

  1. Anche io ho partorito lì il primo figlio e dal punto di vista medico è stato tutto impeccabile. Peccato invece per le condizioni al contorno: ero nella stanza più sfigata del reparto, la più lontana dalla nursery, senza aria condizionata il 22 luglio e senza acqua calda (che insomma una doccetta tiepida dopo aver partorito la fai volentieri!). Le ostetriche le ho trovate un pochino “assenti”, ho sofferto la mancanza di contatto umano. Per questo con il secondo figlio sono andata in un ospedale di paese molto più vicino a casa e mi sono trovata benissimo sotto tutti gli aspetti.

  2. Urca! Posso chiederti quando hai partorito il tuo primo figlio? Perché da quello che ho ricostruito, il reparto è stato ammodernato recentemente, tipo nel 2012 – non so esattamente quando, ma mi auguro che ora l’aria condizionata ci sia ovunque!
    Il personale con me è stato molto professionale e disponibile. C’erano quelle più “affettuose” e quelle più sbrigative, però mi sono sentita sostenuta, aiutata e trattata come una persona, non un numero. Ma forse io mi aspettavo una fredda efficienza e quindi ho dato più peso a ogni gesto!

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