biglietto per un sogno

Una mamma viaggiatrice in cerca di una monogamia topografica

 Essere una mamma è faticoso. Essere una mamma viaggiatrice ancora di più, credo (ma non ne sono sicura perché sono un mamma nomade e non vivo la vita delle mamme stanziali). E non sto parlando di viaggi favolosi e vacanze, ma di un continuo girovagare tra varie case e varie città in un perpetuo errare per il Nord Italia o, essenzialmente, per la Pianura Padana. Perché viaggiare è un’abitudine mentale, certo, ma per me è anche una routine. E non sono una mamma pendolare.

Dalla primavera del 2013, quando è nato Balù, siamo andati e venuti da Milano tante di quelle volte che non le voglio nemmeno contare. Siamo stati 3 mesi a Milano, 1 a Brescia, 1 in giro tra mare e montagna, 4 a Brescia, 7 a Milano, 1 in giro tra montagna e lago, 1 a Brescia. Ma non fatevi ingannare dai periodi più lunghi: sono stati inframmezzati da andate e ritorni almeno settimanali tra Milano e Brescia (e Verona, il pavese e altre mete che, per una ragione o per l’altra, doveva raggiungere).

Ora che è settembre e che nel weekend torneremo definitivamente a Milano, che Balù lunedì riprenderà il nido e la nostra vita potrebbe imboccare la via della monogamia topografica, evito di farmi illusioni perché guardando il calendario ho già visto che, per una ragione o per l’altra, la nostra presenza è prevista in posti diversi da casa nostra per tutti i weekend da qui a fine mese. Tutti posti ad almeno 100 km da casa, se no non c’è gusto.

Che uno la settimana lavora e il weekend vorrebbe riposare, o almeno sistemare casa e fare quelle cose che di solito si accumulano il sabato. E invece no, a noi non è dato. Ma ormai ci conviviamo benissimo. Anche se la stanchezza si fa sentire.

Però questo perpetuo errare (mammagirovaga non per niente, insomma) ha dei lati positivi. Molti.

Balù si sente a casa ovunque e affronta il mondo con una fiducia che mi riempie il cuore.

Io scopro città che conoscevo già con occhi nuovi (i suoi) e amo Milano più che mai perché quella è, per me, casa – nonché, tra tutte, la città più a misura di bambino, incredibile ma vero.

Il tempo che impeghiamo a impacchettare tutto e caricare la macchina (perché sapete benissimo com’è muoversi con un bambino di 0-18 mesi, vero? Ecco, aggiungeteci anche un cane che occupa giustamente tutto il bagagliaio e avete il quadro completo!) per poi scaricarla potrebbe entrare di diritto nel Guinness dei Primati.

Io e Daddy B abbiamo scoperto che non esistono solo i viaggi intercontinentali, che è bello anche esplorare quello che c’è vicino a noi, confondere le nostre città e creare una nostra geografia unica.

Più di tutto però, io perenne inquieta in fuga da un luogo all’altro, ho capito che chi ha detto che bisogna stare attenti perché non è detto che la felicità ci segua ovunque andiamo si sbagliava di grosso. La felicità, come l’inquietudine, te la porti con te. E se viaggio con Daddy B, Mucchino e Balù la felicità è nella borsa più grossa.

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